mercoledì 30 aprile 2014

siamo uomini o caporali (cit)

Sembra che per un beffardo gioco del destino due fatti ieri si siano accavallati.
Al congresso nazionale del Sap (sindacato autonomo di polizia) sono stati dedicati quasi cinque minuti di applausi a tre dei quattro poliziotti che furono condannati in seguito all'omicidio Aldrovandi.
Mi verrebbe da dire che ieri un ragazzo è stato massacrato per la seconda volta...
Ieri è morto anche Roberto Mancini.
No, non l'allenatore ex Inter, un altro poliziotto
E' morto dopo aver combattuto una battaglia con il cancro.
Fu il poliziotto che indagò e scoprì la cosiddetta Terra dei fuochi.
Due modi diversi di essere servitori dello Stato. 
Due modi diversi di essere cittadini.
Poi non stupiamoci se i nostri giovani avranno avversione nei riguardi della Polizia.
Se non gli raccontiamo dei tanti Mancini, se fingiamo che gli Aldrovandi non siano mai esistiti, se non diciamo loro chi sono i buoni e chi i cattivi non li aiuteremo a crescere.
E non è questione di idea politica, rossa, nera o gialla.
In uno Stato di Diritto, neanche il peggior bandito si ammazza a calci e pugni. 
E i Mancini si elevano a eroi, non i Mangano.
L'Italia è il nostro paese, ma l'Italia siamo noi.
Dipende dalla nostra integrità morale saper scegliere il momento migliore per un applauso.
E' morto Roberto mancini, io mi alzo e applaudo. 
Voi fate come vi pare..


martedì 29 aprile 2014

Respect..

Mi capita di andare in ospedale...
A volte per motivi miei diretti, altri di passaggio.
E' vero che spesso a colpire sono le code, i tempi di attesa.
I disservizi tipici di questo Paese, da sempre incapace di crescere soprattutto dal punto di vista dei servizi.
C'è sempre una scusa buona: i costi, il momento sociale, la spending reviuw, i "prova te" da usare come alibi per giustificare un'incapacità cronica nell'affrontare i problemi. 
Ma poi, se si ha voglia di andare oltre il desiderio polemico di lamentarsi, ci sono persone che meriterebbero di più di un semplice grazie. 
Certo spesso mi scontro con operatori che sono simpatici come un'orchite.
ma ancora più spesso mi è capitato di incontrare infermiere che non lesinano un sorriso ad un'anziano,  una carezza ad un bimbo, una parola ad un parente stanco e preoccupato che attende.
Sono persone che hanno fatto il medico e le infermiere perchè erano belle anime, non viceversa.
Sono persone che hanno SCELTO quel mestiere perchè volevano dare.
Ecco, vorrei dare a loro il mio grazie, il mio sorriso e la parola che vorrebbero sentire dopo un turno estenuante, dopo aver visto morire un paziente che ormai avevano imparato a conoscere, dopo aver saltato i riposi perchè le assunzioni sono bloccate, mentre in altri ambiti si "ingrassa".
grazie, stima e 
RESPECT

domenica 27 aprile 2014

vi odio (ma non troppo)

Niente di importante..
giusto per dirvi che ci ho messo dai 20 ai 25 minuti di training autogeno per farmela passare..
cioè uno si (ri)apre un blog, con l'intento di metter per iscritto dei pensieri che gli vengono
e in poco più di quattro giorni, oltre 700 visualizzazioni..
Avete idea la fatica per calmare il mio ego schizzato fino al cielo?
che poi piove e si è inzuppato pure..
per favore ditemi che eravate solo curiosi, che non vi piace quello che scrivo, 
altrimenti mi toccherà ogni giorno inventarmi qualcosa per non deludervi..
ecchessò...un video in cui ballo con il tutù, un audio in cui canto..
qualche frase addirittura intelligente..
no dai per favore, ditemi che avete scherzato
io intanto vi dico comunque 700 volte GRAZIE...

sabato 26 aprile 2014

borderline...

Mai detto di avere un bel carattere...
Ma ho un carattere. Piaccia o non piaccia è così. 
Si può scegliere se accettarlo o meno, apprezzarlo o non condividerlo..
Ma una cosa non riesco ad accettare: che sia violato il diritto di essere ferito da una cosa.
Non importa se agli occhi di un estraneo questa cosa sia piccola o grande. 
Se questa cosa ferisce me sono sempre io a decidere quale sia il suo limite, più o meno alto, e le sue conseguenze.
Non l'ho permesso a mio padre, non l'ho permesso a persone che amavo o che mi amavano..
l'unica persona con cui scendo a compromessi, ogni tanto, sono io.
Me stesso.
C'è un punto di non ritorno che non concedo a nessuno di superare..
Se quando inizia la tua libertà finisce la mia, allora divento un muro..
o lo salti, o lo aggiri, o tenti di abbatterlo...ignorarlo rende alle persone improba l'azione...

venerdì 25 aprile 2014

Oltre un pallone....

Chi mi conosce veramente, non molti in verità, sotto l'aspetto calcistico, può capire davvero cosa provo oggi. 
Chi mi conosce come persona di sport invece può non solo capirlo ma percepirlo. 
Per me il calcio e lo sport in generale sono un messaggio che va oltre il risultato. 
E' un valore che va insegnato a partire dai più giovani. 
Un dovere di chi decide di mettersi in discussione stando dall'altra parte.
E' quello che mi ha guidato per tutta questa stagione, in cui sono tornato ad allenare un gruppo di adolescenti. 
Volutamente non avevo scritto nulla di calcio oggi, perchè per me il 25 Aprile è un giorno triste.
Da quel 25 Aprile del 1995 in cui rimasi sconvolto dalla morte di un giovane calciatore, con cui avevo scambiato un paio di lettere (a quei tempi si usava così) e che mi sembrava di conoscere per quanto mi avesse segnato: il suo nome era Andrea Fortunato e aveva solo due anni in meno di me...
Me lo ha ricordato stasera mia madre, pensando che io oggi non ci avessi pensato. 
"ricordi come ci sei stato male" mi ha detto...
Oggi, ancora questo maledetto oggi se n'è andato un'altro. Un uomo, prima di tutto, un Hombre che aveva il mio stesso modo di intendere il calcio. Con questo lungi da me elevarmi a ciò che non sono. 
Ma come me, Tito Vilanova aveva un rapporto diverso con i suoi giocatori.
Ci parlava.
Insegnava calcio, ben oltre un controllo di palla
Mentre tutti parlano e/o ammirano gli Special One o I Conte (cosa che peraltro faccio anche io, sia chiaro) io ho sempre stimato i Tito o i Palazzi (fido vice da sempre del vulcano Serse Cosmi).
Uomini prima che allenatori. oggi il calcio è un pò più povero. E ha un esempio in più da ricordare..
Ciao Andrea, Hasta siempre Tito



Donne non solo donne....

Oggi è il 25 Aprile
Ancora oggi, sessantanove anni dopo, nel commemorare la Resistenza e la lotta partigiana, si tende a dimenticare una figura importantissima:
la Donna.
Su circa 150mila combattenti in Italia, almeno 35mila furono donne.
e molte altre ancora furono protagoniste senza imbracciare un fucile o sparare un colpo.
Le donne nella Resistenza Italiana rappresentarono una componente fondamentale per il movimento partigiano nella lotta contro il nazifascismo. Esse lasciarono i loro ruoli di donne e di madri e lottarono per riconquistare la libertà e la giustizia del proprio paese ricoprendo funzioni di primaria importanza.
In tutte le città le donne partigiane lottavano quotidianamente per recuperare beni di massima necessità per il sostentamento dei compagni. Vi erano gruppi organizzati di donne che svolgevano propaganda antifascista, raccoglievano fondi ed organizzavano assistenza ai detenuti politici ed erano impegnate anche nel mantenimento delle comunicazioni oltre che nelle operazioni militari.
Le donne che parteciparono alla Resistenza, facevano parte di organizzazioni come i Gruppi di Azione Patriottica (GAP) e le Squadre di Azione Patriottica (SAP), e inoltre, fondarono dei Gruppi di Difesa della Donna, "aperti a tutte le donne di ogni ceto sociale e di ogni fede politica o religiosa, che volessero partecipare all'opera di liberazione della patria e lottare per la propria emancipazione",[1] per garantire i diritti delle donne, sovente diventate capifamiglia, al posto dei mariti arruolati nell'esercito.
Dall'interno delle fabbriche (dove avevano preso il posto degli uomini impegnati in guerra), organizzarono scioperi e manifestazioni contro il fascismo
il primo distaccamento di donne combattenti fu in Piemonte, presso la Brigata garibaldina "Eusebio Giambon".
la prima donna a ricoprire un incarico governatico fu Gisella Floreanini nella Repubblica Partigiana dell'Ossola..
quando si fa la storia le donne ci sono sempre, peccato che, spesso la storia siano gli uomini a scriverla...

I binari della vita...


Questa volta non voglio parlare di me.
questa volta la protagonista è un'amica (mi ha autorizzato lei a definirla tale, anche se la nostra conoscenza è puramente virtuale) e il libro che ha scritto...e che consiglio a tutti di comprare (bastano pochi euro, due pacchetti di sigarette o poco più, su internet)
non sono un lettore accanito, per lo meno di libri. 
Ma quando conobbi su facebook Liana mi colpì la sua educazione, ancor più della evidente simpatia e intelligenza. Un giorno mi scrisse un commento "cambio profilo, se hai piacere mi trovi qui" e mi linkò il suo nuovo profilo personale..
Perchè? A parte qualche scambio di commenti, simpatico, nulla più, in fondo non ci conoscevamo. Riconobbi una grande forma di educazione e rispetto e mi incuriosì. Oltre a solleticare il mio ego (in fondo se mi faceva una richiesta simile, mi apprezzava per ciò che virtualmente ero). Andai a vedere chi fosse nelle info (ho tanti amici, spesso accetto e prendo persone senza nemmeno sapere nulla di più di un nome) e poi su Google e non so come scoprì che aveva scritto dei libri. Tra i tanti mi colpi uno:
 "I binari della vita". 
Per sei mesi lei,  cesenate laureata in pedagogia era stata a contatto con i clochard, i poveracci..hgli straccioni per alcuni. E ne aveva ritagliato uno spaccato veramente intenso. Qualche sera fa le ho chiesto se potevo fare di lei un post e con la stessa semplicità mi ha risposto "se ti va, certamente". Ecco stasera voglio che per un attimo chi mi legge scenda un pò a quel livello.
Che non è il più basso della scala sociale.
Per me il livello più basso è rappresentato da chi finge che non esistano. In un paese sempre più povero, di valori e contenuti, ma anche e soprattutto dal punto di vista economico, il libro di Liana Fadda traccia un sottile limite tra ciò che siamo e ciò che sono quelle persone. oggi sempre più sottile.
Domani ognuno di noi potrebbe fare la stessa fine. Per mancanza di lavoro, per abbandono sociale, per un rifiuto che la società di oggi ha verso le persone in difficoltà. quindi grazie alle tante Liana che non temono di sporcarsi le mani riportando a galla ciò che affonda. la differenza tra l'essere più poveri e l'essere più ricchi a volte non è dovuta alle banconote che abbiamo in tasca, ma dal grado di invisibilità che abbiamo verso gli altri..
grazie a questa Liana che è amica mia.
E mi fa sentire un pò meno..Distratto


Da "I binari della Vita" , Liana Fadda, Ed. Buca 18
prefazione:
"Gli passiamo accanto con indifferenza,  a volte nemmeno  ci accorgiamo di loro, altre, siamo infastiditi dalla loro inquie- tante presenza,  dall’odore che emanano,  dal sudiciume che impregna i loro abiti e persino dal fatto che esistono. Li chiamiamo vagabondi, barboni,  senzatetto,  homeless, clochard, quasi volessimo celare a noi stessi che sicuramente,  un tempo, ognuno di loro – l’«esercito degli invisibili» – possedeva un nome e un cognome  e, soprattutto, una dignità.
Ma chi sono gli homeless?  Sono tutti  coloro che non possiedono un luogo dignitoso in cui vivere, coloro le cui condizioni sono al di sotto della soglia che può essere considerata  sufficiente  per vivere decorosamente in una determinata comunità.  È però quasi impossibile determinare quanti siano veramente, perché  i barboni sono in continuo movimento,  e in alcune nazioni,  in aumento. Non possiedono una casa in cui vivere, non hanno un domicilio, si spostano senza sosta alla ricerca di qualcosa  che a volte è vita, altre volte morte  e degrado."


di seguito potete trovare Liana Fadda, libri
per sei mesi tra i clochard



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mercoledì 23 aprile 2014

When I was young...

Stasera osservavo dei ragazzini allenarsi correndo dietro a un pallone..e mi sono rivisto alla loro età. 
Durante la settimana, vista l'assenza di mia madre per lavoro, vivevo con i miei nonni.
Ma nel week end tornavo a casa, in un paese limitrofo al mio.
Non avevo molte conoscenze.
Non era il mio paese, non ci andavo a scuola e a parte i pochi vicini di casa non conoscevo nessuno.
Ma di fronte casa, dall'altra parte della strada c'era il campo sportivo.
Mi ricordo i pochi ciuffi d'erba e le porte di legno, i pali quadrati.
E il mio pallone.
Con lui correvo avanti e indietro.
Imitavo la voce di Bruno Pizzul, telecronista Rai della nazionale e dribblavo avversari immaginari, calciavo in porta, segnavo o mi disperavo per un errore di centimetri.
A volte, quando il gol era bello, ma proprio bello, mi voltavo verso la tribuna ed esultavo a braccia aperte, come i miei idoli di allora.
Mi sembrava quasi di sentire il boato del pubblico estasiato.
Quello era il mio calcio.
Non c'erano Xbox o Playstation. Non c'erano Sky e Caressa. 
C'ero io, il mio campo, il mio pallone..c'erano gli avversari e c'erano i tifosi.
Per chi mi vedeva dal di fuori, potevo sembrare nella migliore delle ipotesi un simpatico folle.
Nella peggiore un bambino solo.
Ma non ero solo.
Mai mi sono sentito solo in vita mia.
Non lo ero quando andavo a scuola accompagnato da mia nonna e mi chiedevano dove fosse la mia mamma.
Ne lo ero quando rincorrevo quel pallone.
La prima era nel mio cuore, il secondo nella mia testa.
Ero un bambino fortunato.
Anche senza la playstation avevo molte più cose di molti bimbi di oggi.
In fondo, non mi è nemmeno servito arrivare a 45 anni per scoprirlo.
Era tutto li davanti a me....e il pubblico applaudiva ad ogni mio gol.
E mia mamma qualcuno di quei gol, son sicuro che se lo è anche visto da dietro la tenda della cucina.....
Lo sapevo, ma non potevo farmi vedere sbirciare..
dovevo rimanere in partita..

martedì 22 aprile 2014

Il sorriso dei figli...


Tra le cose più belle che possano capitare a un padre ci sono i figli..
Sono doni impagabili e, per quanto creino preoccupazioni e sofferenze
valgono la pena di esser vissuti...
SEMPRE...e PER SEMPRE



pensieri sparsi

Essere cresciuti in un piccolo paese come il mio aiuta a mantenere un rapporto costante con il tempo e il suo trascorrere..
ti permette di saper riconoscere le cose e poter dire con giudizio quando ci si sente giovani o quando ci si sente vecchi.
Indipendentemente dal fatto che i tuoi capelli si intestardiscano nel rimanere corvini. Basta un ciao Fabri di un ventenne a cui devi chiedere di chi è figlio perché non lo riconosci.
O il "salve" del coetaneo con lui. Oppure andare a trovare i tuoi anziani al cimitero per una riflessione silenziosa e, guardandosi in giro, realizzare che li dentro ci son più persone che hai conosciuto di quante tu ne abbia solo sentito parlare.
Andai via dal mio paese quasi quattro lustri fa. Li dentro c'erano più nonni che nipoti. Ora è il contrario quasi.
Sarà paradossale ma a me il "mio" cimitero non mette per nulla tristezza.


Mi fa ricordare frammenti della mia vita, la fortuna di aver conosciuto quelle persone e permette anche a un coglionazzo come me di pensare. Ogni tanto mi ci ritrovo a farlo. E non mi so tacitare la voglia di dirlo...

Leggo "nessuno lascia questo mondo fin anche un solo sorriso sia in grado di trattenerlo tra noi"