mercoledì 28 gennaio 2015

..neanche posso dare la colpa al ciclo...




A tutti, chi più chi meno sono capitati dei periodi strani. 
Periodi in cui senti di non avere certezze.
Se non la certezza di non avere, appunto, certezze.
Momenti in cui non ti senti più fragile o più confuso.
Triste o infelice.
Semplicemente, per usare un classico, "non sai più da che parte sei girato".
È come se ti sentissi marinaio su un veliero, di quelli leggeri leggeri, che sembra debbano colare a picco per un nulla, mentre tu, invece, sei nel mezzo della tempesta del secolo.
Sballottato da un lato all'altro della nave.
Un respiro ed una golata d'acqua salata che si alternano, mentre tu sbatti un po' di qui ed un po' di la.
Ti aggrappi all'albero maestro, quello che hai dentro di te ed aspetti che finisca. 
E quando tutto si è calmato, vedi una terra ferma e ti avvicini, scendi finalmente e ti verrebbe voglia di inginocchiarti e baciare la sabbia, come neanche Colombo saprebbe fare meglio, senti un borbottio ed un rumore sordo: il terremoto!
E si ricomincia a ballare.
Ed allora cerchi altro conforto e corri e corri.
Fino a finire il fiato in gola.
Ecco io sto ancora correndo.
E manco so dove vado.
C'è di buono che ogni tanto hai un amico che ti chiama, perché vuole festeggiare con te un lieto evento.
Ed una pizza ed una chiacchierata sono un ottimo time out.
Tanto lo so che da domani la terra tremerà ancora, il mare farà cavalloni come mai si sono visti ed io dovrò correre. 
E correre. 
Ma dove c@##o vado non lo so nemmeno io. 
Che periodo....
non ho mica più l'età per tutte ste corse, io...

domenica 18 gennaio 2015

...che barba....

Ultimamente mi succede spesso di lasciare crescere un po' di barba.
Non troppa, ma neanche poca. 
A volte per pigrizia, altre per un'istintiva voglia di evitare lo specchio.
Non è questione di auto stima. 
Ho realizzato che il pormi davanti allo specchio per radermi, mi mette di fronte al'unica persona il cui sguardo sa leggermi dentro.
Puoi fingere molte cose, lo puoi fare a molte persone.
Ma a quell'uomo che ti guarda dallo specchio non puoi fingere un sorriso se non hai voglia di farlo.
Non puoi rispondere un "bene, grazie" quando vorresti rispondere altrimenti.
Non puoi mettere il silenzioso e non rispondere a quello sguardo che dallo specchio ti entra dentro.
Ed in questi giorni ho tutto, fuor che voglia di guardarmi negli occhi...
In verità ho imparato, ultimamente, a radermi sotto la doccia. 
Niente specchio..ma nemmeno un risultato così ottimale.
E mi tocca lo stesso un passaggio veloce allo specchio per un ritocco.
Ma almeno ho ridotto i tempi, ed ho imparato a sopportarmi.
Oggi ne ho meno del solito, ma ho anche più barba del solito.
Dai, su..mi armo della faccia tosta dei giorni migliori e mi alzo.
vado a farmi la barba...provo a contarmi quattro balle...
Io contro me. La sfida inizia. 
O continua....

domenica 11 gennaio 2015

SUSHItando pensieri sparsi

Andare a mangiare, da solo, al giapponese ha un qualcosa di speciale e diverso ogni volta. È bello osservare, nel brusio ovattato dell'ambiente, gli altri commensali. Non mi è ben chiaro cosa spinga queste persone a venire in questo locale. Alcune sicuramente sono spinte da curiosità. Qualcun altro pensa sia fico, una maniera più fashion ed alternativa. Fa un po' glamour, sotto certi punti di vista. Altri, come il sottoscritto, ci vengono semplicemente per piacere: piacere nei cibi e nel modo di prepararli. E chi se ne frega se il resto, dal proprietario ai camerieri, sono cinesi. Lui no. Lui, quello che tagliuzza e prepara sushi e sashimi è certamente giapponese. Ha la stessa faccia di quel soldato a cui nessuno aveva detto che la Seconda Guerra Mondiale era finita e, per anni, era rimasto a difesa della sua piccola isola nel Pacifico. Ordino, e osservo la "fauna" intorno a me. La mia posizione, in fondo alla sala, spalle al muro e 180 gradi di visualità, libera da ostacoli, mi facilita. Di fronte a me una coppia che non faranno i miei anni messi insieme. Lui, capello fino al culo, liscio, felpa nera e anello enorme al dito sembra una rock star. Coatta. Ma una rock star. Lei, minuta, anche fine, lo ascolta sparare minchiate generaliste sul mondo del lavoro con sguardo estasiata. Probabilmente non hanno mai lavorato in vita loro, a giudicare dalle mani. Ma lei ha, dalla sua, l'alibi degli occhi a forma di cuoricino, almeno. Lui no. E secondo me non sa una cippa nemmeno di rock. Di fianco a loro, a pochi centimetri (siamo tutti vicini qui. Le distanze sono minime. Da lì capisci che nn sei in un ristorante cinese. La Cina è grande) un'altra coppia: mezza età, elegantemente vestiti. Lei curata e ben truccata. Lui anche. Però senza trucco. Lei parla e lui ascolta. E ogni tanto guarda l'orologio. È teso. Si vede. Butta di continuo l'occhio sull'Iphone appoggiato sul tavolo, mentre cerca di dimostrarsi interessato alle chiacchiere di lei. Poi lo vedo sorridere. Mi viene un dubbio ed apro la mia App. Juventus-Inter 1-0. Tevez. Ora ho capito. Spero per lui non lo capisca lei. A sinistra una tavolata di sei persone. Tre ragazzi ed altrettante ragazze. Stanno ordinando. Al solito c'è quella/o che nonostante sul menù, di fianco al piatto, abbiano messo foto e descrizione chiede cos'è. C'è quello/a che al solito chiede "ma tutto tutto a 20€? Cioè io mangio finchè ho fame e pago così? Ci sarà il trucco!!" e poi c'è lei. Immancabile. Ed è sempre una lei. Quella che, con aria snob, a volersi dare un tono ed un'aria esperta, dice quella frase che mi urta lo stomaco più di un destro di Mike Tyson: "per cominciare prenderei del sushi". Quale? Quanto? Una vaga idea di cosa differenzi un piatto dall'altro non ce l'ha. È riuscita alla terza volta a fissarsi in testa la differenza tra sushi e sashimi. Ma adesso è pronta. Ora può definirsi "di casa". Secondo lei, almeno. Il ragazzo di fianco a lei è, credo, il suo giusto castigo. Carino anche se pasciuto, faccia da datemenacofanadecarbonara arriverà a casa, si toglierà le scarpe e mentre lei dirà il classico "abbiamo mangiato bene, vero?", lui risponderà un "si amore, benissimo. Mi faccio uno stuzzichino e arrivo a letto". Ho finito di mangiare. E mi bevo un caffè. E mi sento, in fondo, uguale a tutti loro. Sapevo cosa mangiavo, sapevo perché lo mangiavo, ma alla fine non ho resistito, da buon italiano, al caffè a fine cena. Avevo tenuto duro con il pane però. Che sti cazzo de giapponesi che non mettono il pane a tavola....