domenica 11 gennaio 2015

SUSHItando pensieri sparsi

Andare a mangiare, da solo, al giapponese ha un qualcosa di speciale e diverso ogni volta. È bello osservare, nel brusio ovattato dell'ambiente, gli altri commensali. Non mi è ben chiaro cosa spinga queste persone a venire in questo locale. Alcune sicuramente sono spinte da curiosità. Qualcun altro pensa sia fico, una maniera più fashion ed alternativa. Fa un po' glamour, sotto certi punti di vista. Altri, come il sottoscritto, ci vengono semplicemente per piacere: piacere nei cibi e nel modo di prepararli. E chi se ne frega se il resto, dal proprietario ai camerieri, sono cinesi. Lui no. Lui, quello che tagliuzza e prepara sushi e sashimi è certamente giapponese. Ha la stessa faccia di quel soldato a cui nessuno aveva detto che la Seconda Guerra Mondiale era finita e, per anni, era rimasto a difesa della sua piccola isola nel Pacifico. Ordino, e osservo la "fauna" intorno a me. La mia posizione, in fondo alla sala, spalle al muro e 180 gradi di visualità, libera da ostacoli, mi facilita. Di fronte a me una coppia che non faranno i miei anni messi insieme. Lui, capello fino al culo, liscio, felpa nera e anello enorme al dito sembra una rock star. Coatta. Ma una rock star. Lei, minuta, anche fine, lo ascolta sparare minchiate generaliste sul mondo del lavoro con sguardo estasiata. Probabilmente non hanno mai lavorato in vita loro, a giudicare dalle mani. Ma lei ha, dalla sua, l'alibi degli occhi a forma di cuoricino, almeno. Lui no. E secondo me non sa una cippa nemmeno di rock. Di fianco a loro, a pochi centimetri (siamo tutti vicini qui. Le distanze sono minime. Da lì capisci che nn sei in un ristorante cinese. La Cina è grande) un'altra coppia: mezza età, elegantemente vestiti. Lei curata e ben truccata. Lui anche. Però senza trucco. Lei parla e lui ascolta. E ogni tanto guarda l'orologio. È teso. Si vede. Butta di continuo l'occhio sull'Iphone appoggiato sul tavolo, mentre cerca di dimostrarsi interessato alle chiacchiere di lei. Poi lo vedo sorridere. Mi viene un dubbio ed apro la mia App. Juventus-Inter 1-0. Tevez. Ora ho capito. Spero per lui non lo capisca lei. A sinistra una tavolata di sei persone. Tre ragazzi ed altrettante ragazze. Stanno ordinando. Al solito c'è quella/o che nonostante sul menù, di fianco al piatto, abbiano messo foto e descrizione chiede cos'è. C'è quello/a che al solito chiede "ma tutto tutto a 20€? Cioè io mangio finchè ho fame e pago così? Ci sarà il trucco!!" e poi c'è lei. Immancabile. Ed è sempre una lei. Quella che, con aria snob, a volersi dare un tono ed un'aria esperta, dice quella frase che mi urta lo stomaco più di un destro di Mike Tyson: "per cominciare prenderei del sushi". Quale? Quanto? Una vaga idea di cosa differenzi un piatto dall'altro non ce l'ha. È riuscita alla terza volta a fissarsi in testa la differenza tra sushi e sashimi. Ma adesso è pronta. Ora può definirsi "di casa". Secondo lei, almeno. Il ragazzo di fianco a lei è, credo, il suo giusto castigo. Carino anche se pasciuto, faccia da datemenacofanadecarbonara arriverà a casa, si toglierà le scarpe e mentre lei dirà il classico "abbiamo mangiato bene, vero?", lui risponderà un "si amore, benissimo. Mi faccio uno stuzzichino e arrivo a letto". Ho finito di mangiare. E mi bevo un caffè. E mi sento, in fondo, uguale a tutti loro. Sapevo cosa mangiavo, sapevo perché lo mangiavo, ma alla fine non ho resistito, da buon italiano, al caffè a fine cena. Avevo tenuto duro con il pane però. Che sti cazzo de giapponesi che non mettono il pane a tavola....

1 commento:

  1. quando andavo via per lavoro, mangiavo spesso da sola e anch'io, come te, osservavo la fauna che mi circondava e devo ammettere che ogni tanto ne vedevo di interessanti:-)

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